Era rimasto impigliato alla maniglia d’ottone, mentre cercava di trattenerla con l’assoluta convinzione di poter decidere quando e per dove partire. Quel viaggio non era in programma e, soprattutto, non era mai stata definita una meta, un museo da visitare, una piazza da vivere, un luogo speciale da fotografare o una vetrina di oggetti assurdi, di fronte alla quale ridere e domandarsi perché. Il perché Anna lo sapeva, lo aveva intuito nel segreto di una piccola mancanza, di una volontà che non rispondeva alle sue forze, di una nostalgia che le portava la parola e lo sguardo all’infanzia, al profumo di nonna, alla luce dei lunghi pomeriggi di studio, alla penombra delle notti in cui si provava un brano e, ogni singolo strumentista, era la Banda.

“…Non si può raccontare una prova. Non è come un concerto dove c’è un programma, nè come un’altra rappresentazione in cui si può riconoscere un pensiero, un percorso, uno svolgimento… La Banda Prova”
Mario Durante
Mario non fuma, così le sue lacrime restano profumate, senza nicotina e, quelle parole, scritte per ciò che l’occhio aveva catturato con la sua Nikon, gli risuonano profonde, quasi una metafora del viaggio di lei. Si fanno le prove anche per il dolore, “…la prova inizia, si interrompe a caso, riprende e si ripete” (M. Durante), si catturano impressioni dietro ogni smorfia, in ogni contrazione dell’occhio, si affina l’orecchio ad ogni stonatura e si creano pentagrammi tra le prescrizioni di medici librettisti: terapia con “Foscan” e, abbracciandosi, chissà, magari ridevano di quel farmaco che li portava alla Tosca dell’illustre Puccini… “Vissi d’arte, vissi d’amore, non feci mai male ad anima viva!… Nell’ora del dolore perché, perché Signore, perché me ne rimuneri così?…” (Tosca di G. Puccini). La carrozza era di lusso e quel viaggio sulla vecchia locomotiva, quello lo avevano sempre desiderato, come l’ultimo da percorrere insieme e, anche Anna, celando nel movimento pratico delle sue mani una nota di romanticismo, proiettava la vecchiaia con lui, nella curiosità di guardare il mondo da un finestrino speciale, indipendente nella sua bellezza, perché complemento aperto sulla realtà, vista dal Treno dei Sogni. Tra le valige, dentro cui raccogliere gli abiti semplici e le buone letture, lei avrebbe messo un librino, una minuscola raccolta di pazienti osservazioni, perché essenziale al suo essere squisitamente antica, nei modi discreti e delicati di vivere gli incontri, le conversazioni. E, sotto al necessaire, lo spartito del “Il Treno della Musica”, di Donato Semeraro, ultimo lavoro di una serata di prove con la Banda, dove l’intreccio del clarinetto con gli altri strumenti, si bea tra i binari arrovellati da un’illustre locomotiva. E questo è quanto Anna amava, la grazia di una presenza forte, che s’intercorre tra le trame di una quotidianità surreale, una partitura dalla svolta improvvisa e “…quando dovrebbe iniziare il concerto, ci si ferma…” (M. Durante). Anna ha comprato da sola il suo biglietto, è partita da sola, suonerà la sua parte con disinvoltura assorta e da sola si presenterà “…al Maestro che indica, dirige, corregge, ascolta tutto e tutti o almeno così Lui crede…” (M. Durante).
Ciao Anna, con tutti gli amici del FermodelClub.
Testo di Manuela Gizzi, foto di Mario Durante