Storia del modellismo ferroviario nella letteratura
Maigret se ne stava in piedi nella stanza, immerso nella penombra vicino ad una delle pareti. Le mani nelle tasche dei pantaloni, la pipa stretta fra i denti, fumava con brevi e rapidi sbuffi e guardava l’uomo alla scrivania in mezzo alla stanza.
Questi era seduto e solo parzialmente illuminato dal cono di luce che emanava dalla lampada a snodo e scriveva con la macchina per scrivere con la stessa velocità e leggerezza di un pianista. Le parole si susseguivano fluide sulla pagina bianca, lettera dopo lettera, intervallate da spazi bianchi e dalla punteggiatura. L’uomo si chiamava Georges Simenon e aveva scritto spesso del commissario Maigret nei suoi romanzi; questi, a pochi passi da lui, stava immobile come se fosse stato una statua: l’unico segno di vita erano le nuvolette di fumo che uscivano dalla pipa.
Si sarebbe detto inerte, oppure istupidito, eppure era attento ad ogni cosa, registrava ogni rumore e ogni immagine. Il ritmo regolare dei tasti ad esempio se lo sarebbe ricordato molte volte in seguito, come la sagoma di questo uomo tranquillo che scriveva con un’energia inattesa. Se era lì è perché l’uomo tranquillo aveva sempre manifestato una evidente antipatia per le ferrovie e per il modellismo ferroviario in particolare e gli era stato chiesto di capirne la causa.
Questo brano è di fantasia, ma chi ha letto i romanzi di Simenon ha probabilmente notato che le ferrovie, quando citate, hanno quasi immancabilmente una connotazione negativa: le carrozze sono vecchie, i treni lenti, i viaggi scomodi. Quando invece i treni sono moderni, le carrozze sono surriscaldate, oppure entra un filo di aria fredda, o ancora i vicini di viaggio disturbano Maigret che non riesce a dormire (come capita ne “Il pazzo di Bergerac”).
L’antipatia non si ferma alle ferrovie reali: in due occasioni, entrambi racconti che hanno per protagonista il commissario Maigret, Simenon parla anche di modellismo ferroviario. Il primo è un racconto breve, intitolato “Non si uccidono i poveri diavoli” (in originale “On ne tue pas les pauvres types”) del 1946, il secondo è il romanzo “Gli scrupoli di Maigret” (in originale “Les scrupules de Maigret”) del 1957.
C’è una regola non scritta dei racconti e dei romanzi di Maigret: la storia -tranne eccezioni- è ambientata negli anni in cui viene scritta da Simenon. Questa circostanza, anche se provoca alcuni problemi di coerenza nella carriera di Maigret (avrebbe dovuto avere una vita lavorativa di una cinquantina d’anni e, stranamente, dopo una rapida carriera si sarebbe fermato al grado di Commissario Divisionario, malgrado gli innumerevoli successi), consente al lettore di avere interessanti descrizioni della società francese tra gli anni venti e sessanta del novecento. Simenon possiede inoltre l’abilità di inserire nei suoi scritti alcuni passaggi e alcune frasi che i suoi lettori si aspettano di leggere, stabilendo una sorta di complicità che, alla fine, gli consente di condurre sempre il gioco, intrappolando il lettore fino alla soluzione finale.
Queste caratteristiche della scrittura di Simenon ci sono particolarmente utili in quanto si presenta in tal modo l’occasione di conoscere con sufficiente attendibilità qual era la considerazione della quale godeva il modellismo ferroviario in Francia in due specifici periodi del novecento.
Il primo episodio, il racconto breve, contiene solo un breve passaggio dedicato al modellismo:
“La cosa più strana era il contrasto tra certi oggetti e l’arredamento dozzinale. […]”
– “Lei ci capisce qualcosa, capo?”
Sì. Maigret aveva l’impressione di capire. Soprattutto quando scoprì degli oggetti totalmente inutili, come ad esempio un magnifico treno elettrico.” (1)
Il protagonista è un uomo che conduce un’esistenza modesta e monotona da piccolo impiegato sposato con due figli fino all’insperata occasione di una grossa vincita alla lotteria. Tiene però nascosta questa vincita e inizia a vivere una doppia (tripla, quadrupla) vita, affittando un appartamento tutto per sé, facendosi alcune amanti fisse, dedicandosi alla pesca (sua grande passione nascosta, per la quale acquista costose attrezzature) e conducendo un’esistenza tranquilla, ma che gli consente di fuggire per molte ora al giorno alla monotonia e alla tristezza della famiglia e del lavoro. Il modello ferroviario che acquista, molto costoso, rappresenta anche lui il desiderio di evasione e il soddisfacimento di una passione che non aveva mai potuto permettersi.
Questo anonimo personaggio entra tra gli interessi professionali di Maigret perché viene ucciso, suscitando la curiosità del commissario in quanto è raro che le persone modeste ed insignificanti vengano ammazzate (da questo ragionamento deriva il titolo del racconto).
Una nota curiosa, Maigret chiama il modello “treno elettrico” (“train éléctrique”, in originale), utilizzando un termine più vicino ai suoi lettori che agli appassionati (indubbiamente il numero dei primi era ed è ancora oggi superiore). Utilizzerà sempre questo termine per riferirsi al modellismo ferroviario.
Il modello acquistato dal protagonista è molto probabilmente un Märklin oppure un Fleischmann in scala 0: negli anni in cui viene ambientato il romanzo la scala H0 era appena agli albori e i modelli di lusso, categoria verso quale sicuramente si era diretto l’acquisto, erano solo in O. Le scale ancora più grandi erano privilegio di pochi e probabilmente il protagonista, che non era un appassionato, non le conosceva, come probabilmente non le conosceva Simenon.
Il modellismo viene quindi inteso come un hobby di lusso, senza uno scopo autonomo, ma senza ancora identificare una categoria di appassionati che si interessano del trasporto ferroviario e traducono questo interesse nel modellismo. Sembra più un tipo di puro collezionismo, come possono esserlo quadri, tabacchiere, bambole antiche, argenterie.
Il secondo episodio, il romanzo, contiene brani più lunghi dedicati al modellismo, in quanto il protagonista è un appassionato e il suo mestiere è vendere modelli ferroviari in un grande magazzino.
All’inizio del romanzo, nel corso di un colloquio con Maigret, il protagonista esordisce:
“[…]Non è una professione molto comune e, come tanti altri, forse ne sorriderà. Lavoro ai Grandi Magazzini del Louvre, in Rue de Rivoli[…] In realtà ho una specialità che costituisce in massima parte la mia attività: sono io che mi occupo dei treni elettrici.”
“E’ passato, in dicembre, davanti ai Magazzini del Louvre?”
[…]
“Se ci è passato, avrà visto, nella terza vetrina di Rue de Rivoli, una esatta ricostruzione della gare Saint-Lazare, con tutti i suoi binari, i treni accelerati e rapidi, i segnali, le cabine di scambio. Mi ci sono voluti tre mesi di lavoro e ho dovuto andare in Svizzera e in Germania per comprare una partita di materiale. Le sembrerà una cosa puerile, ma se le dicessi la cifra degli affari che facciamo coi soli treni elettrici… Soprattutto, non creda che la nosta clientela sia composta soltanto di bambini. Molte persone grandi, tra cui uomini con una importante posizione, si appassionano ai treni elettrici e spesso sono chiamato nelle loro case per…”
S’interruppe di nuovo.
“La annoio?”
[…]
È evidente che Simenon non s’intende di modellismo ferroviario perché il protagonista non parla come un appassionato. Al più si esprime come una persona qualunque pensa si possa esprimere un appassionato: un appassionato, in particolare uno che ha abbinato la passione alla carriera professionale, difficilmente direbbe “treno elettrico”. Inoltre la riproduzione esatta della stazione di Saint-Lazare (una delle grandi stazioni di Parigi) difficilmente starebbe nella vetrina di un grande magazzino e tantomeno basterebbero tre mesi di lavoro per un’opera simile. Fantasioso è anche il viaggio in Svizzera e Germania per acquistare del materiale: la stazione di Saint-Lazare richiede materiale francese che difficilmente si potrebbe recuperare -in quegli anni- in paesi tedeschi, a meno di non fare un plastico di ambientazione tedesca, ma a quel punto non più copia esatta. E’ però vero che all’epoca la produzione francese era scarsa, appena agli inizi, quindi era necessario rivolgersi al mercato tedesco.
In questo brano Maigret parla ai suoi lettori introducendo un tema che gli serve per sviluppare la psicologia del personaggio. Non secondario infatti è il riferimento alla “professione non comune” della quale si può sorridere, alla “cosa puerile”, alla presenza tra la clientela di “persone grandi” e “con una certa posizione”.
Poco dopo, descrivendo il personaggio, Maigret nota:
[…]
La cravatta era fermata da una spilla a forma di segnale ferroviario.
[…]
Fondamentale però per il discorso che Simeon vuole instaurare con il lettore è seguente dialogo tra Maigret e Pardon, il medico del quale il commissario è amico da lungo tempo e con il quale si trova spesso a cena. Maigret è andato ad consultarlo professionalmente perché il suo “cliente” (come spesso chiama le persone che vanno nel suo ufficio), gli sembra psicologicamente instabile.
Il colloquio è un capolavoro dei pregiudizi sugli appassionati di modellismo, che fa porre qualche dubbio sulla professionalità di Pardon (in realtà egli è un medico generico ed è quindi possibile che non abbia una robusta formazione in psicologia o in psichiatria).
[…]
“Si occupa di treni elettrici.”
“E’ ingegnere delle ferrovie?”
“No. Parlo di giocattoli.”
Pardon aggrottò la fronte.
“Lo so” Disse Maigret. “Anch’io ne sono rimasto colpito. Ma lui non se ne occupa da dilettante. E’ commesso al reparto giocattoli di un grande magazzino…”
[…]
“… Per esempio questa storia dei treni elettrici, anche se è la sua professione -dato che questa professione è stato lui a sceglierla- può essere interpretata come un indice di non adattamento alla realtà, il che farebbe sospettare una psiconervosi…”
[…]
Dopo questo episodio, che rasenta il comico ad una lettura odierna, Simenon diminuisce fortemente il legame tra il modellismo ferroviario e la psicosi del protagonista, per poi abbandonarlo completamente concentrandosi sull’infanzia difficile del protagonista, sulla differenza di ambizioni e di carattere con sua moglie, sull’ingresso nella vita famigliare della cognata, giovane vedova.
Questa frase della moglie del protagonista, in un colloquio con Maigret, e il successivo ragionamento del commissario chiudono definitivamente la questione.
[…]
“Può sembrare ridicolo, ma io capisco un po’ le reazioni di Xavier. Non esagero dicendo che egli è, in Francia, il miglior specialista in treni elettrici. Spero che questo non la faccia sorridere… Non si ride, ad esempio, di chi passa la vita a disegnare reggiseni o busti che assottigliano la vita.”
[…]
I treni elettrici che si trovavano non soltanto in Rue de Rivoli, ma anche nel piccolo laboratorio dell’Avenue de Châtillon, non corrispondevano abbastanza bene a quel “mondo fantastico”, a quel mondo chiuso?
[…]
(2)
In tutti e due gli scritti il modellismo ferroviario assume il ruolo di artificio letterario per creare uno sfondo all’inchiesta e, nel romanzo, per dare una prima caratterizzazione psicologica al protagonista, anche se si rivela una falsa pista. E’ il gioco di Simenon, che dialoga molto con il suo pubblico, solleticandone i pregiudizi, fornendogli falsi indizi, conducendolo infine verso la soluzione.
La prosa di Simenon illustra con grande probabilità l’atteggiamento del francesi verso il modellismo ferroviario almeno fino ai primi anni sessanta: un atteggiamento generalmente pieno di pregiudizi, per il quale il modellismo ferroviario è ritenuto fondalmentalmente un gioco per bambini e, se si lascia intendere che ci sono degli adulti che vi si applicano, allora si tratta di maniaci e l’insinuazione non viene di certo contestata.
Incidentalmente questa prosa testimonia però anche la rapida diffusione che il modellismo conosce dopo la fine del conflitto: se nel racconto del 1946 il modello ferroviario è ancora un oggetto di lusso, nel 1957 è diventato talmente diffuso da avere addirittura conquistato tutto un reparto di un grande magazzino che gli dedica un’intera vetrina.
E’ l’involontaria rappresentazione della diffusione della scala H0: i modelli in scala 0 sono troppo grandi e costosi per avere una grande clientela e non sarebbero mai stati in grado di conquistarsi un intero reparto in un grande magazzino.
La scala 0 (si pronuncia “zero”) infatti ha un rapporto di 1:43 con l’oggetto reale e quindi una locomotiva è lunga dai 40 ai 60 cm in media, mentre il corrispondente modello in H0 (si pronuncia “acca zero”) scende a 20-30 cm ed è pertanto più facile accoglierlo in una casa borghese, visto che un piccolo plastico può essere temporaneamente montato su di un tavolo.
La scala H0 (la sigla vuol dire “mezzo zero”, dal tedesco “halb null” e dall’inglese “half zero”) nasce nel 1922 quando la ditta tedesca Bing pone in vendita un modello in questa scala, chiamandolo però “Bing Tischbahn”, la “ferrovia da tavolo di Bing”, per distinguerla dalla scala 0 i cui binari -a causa delle loro dimensioni- venivano in genere posati sul pavimento o su grandi supporti dedicati.
Seguono nel 1935 la Trix, che presenta alla fiera di primavera di Lipsia modelli in questa scala, e pochi mesi dopo la Märklin (entrambe ditte tedesche). All’epoca la scala viene chiamata 00 (“zero zero”) e solo dopo la guerra prenderà il sopravvento il nome di H0.
I produttori di lingua inglese si uniscono pochi anni dopo: Hornby Dublo (britannica) nel 1938, introducendo modelli in metallo realizzati con stampi a pressione anziché in lamiera piegata, e Lionel (statunitense) nel 1939. Una curiosità: in Gran Bretagna la scala 00 ha un rapporto di 1:76, rendendola quindi incongruente con lo scartamento utilizzato anche dalla H0 di 16,5 mm (i 1435 mm dello scartamento reale divisi per 87 fanno appunto 16,5 mm). Ci vorranno parecchi anni prima che le esigenze modellistiche uniformino la scala alla 1:87.
Nel dopoguerra avviene il decollo dell’H0: nel 1945 nasce in Italia, ad opera dei soci Riva e Rossi, che rilevano un’azienda di commutatori elettrici in provincia di Como, la Rivarossi che inizia producendo modelli in bakelite in scala H0; l’anno successivo la Conti, fondata nel 1889, inizia la produzione di modelli ferroviari in H0 con la denominazione Co.Mo.Ge. (costruzione modelli Motori giocattoli elettrici).
Segue nel 1949 “Le Jouet Français” con un’automotrice in tela litografata; nel 1950 la ditta diventa Jouef e nel 1955 inizia finalmente la produzione di modelli con motore elettrico.
Nel 1952 anche la tedesca Fleischmann, che fino ad allora aveva prodotto in scala 0, lancia una serie di modelli in H0 e, per concludere questa rapida panoramica, nel 1954 nasce il “trenino Lima”: fu Ottorino Bisazza, dirigente Marzotto che in quell’anno acquista la Lima (Lavorazione Italiana Metalli e Affini, fondata a Vicenza nel 1946), ad intuire le possibilità di un modellismo ferroviario somigliante al reale, ma non troppo realistico, che avesse nel basso prezzo la sua forza. La semplificazione degli stampi e l’utilizzo per la prima volta della plastica abbassano notevolmente i prezzi e Lima conosce un’incredibile diffusione, entrando in un numero incredibile di famiglie italiane (la diffusione in Europa restò più bassa).
Nel 1957, l’anno di scrittura del romanzo, il modellismo ferroviario ha già raggiunto una buona notorietà, come testimoniano le parole del protagonista, e ci si pongono già obiettivi di fedele riproduzione del reale. Iniziano a circolare riviste di settore e gli appassionati di ferrovie sono già molto consapevoli del loro hobby che coltivano in diverse forme.
Simenon ci fa però presente che, a fianco a loro, c’è una discreta fetta della società che mantiene forti pregiudizi verso il modellismo ferroviario (stranamente minori verso altre forme di modellismo, come se aerei, navi o automobili fossero più “seri”), non del tutto scomparsi ancora oggi.
Un rapido sguardo in Gran Bretagna, nello stesso periodo, offre uno sguardo diverso sul modellismo ferroviario: Agatha Christie scrive nel 1963 “The Clocks”, uno dei tanti romanzi con il celebre Hercule Poirot. Il racconto è ambientato a Crowdean -località inglese di fantasia- e ad un certo punto si legge:
“[…]E’ un peccato che sia partito proprio all’inizio delle vacanze. Mi avrebbe aiutato tanto con i bambini. Ci sa fare, gioca con loro, e i trenini elettrici lo divertono davvero. A volte gli uomini diventano più infantili dei loro figli, quando si tratta di giocare…” Dichiarò con un sorriso indulgente.
E’ la voce di una moglie che parla ad un ispettore di polizia del proprio marito. Non c’è il tono critico riscontrato nel romanzo di Maigret, ma il riconoscimento, molto britannico, che anche gli adulti hanno diritto a giocare e a divertirsi coltivando i propri hobby e condividendoli anche con i figli. All’inizio degli anni ’60 (il romanzo è del 1963), nel mondo anglosassone è ben radicato il concetto di tempo libero, ovvero quello spazio al quale ogni uomo o donna hanno diritto al di fuori del mondo del lavoro e che può essere riempito con svaghi di ogni tipo, tutti in linea di principio degni di rispetto. Immaginare pertanto un padre che, curvo sul pavimento, prepara un tracciato di binari e fa correre i treni (quasi sicuamente dei modelli Hornby) per giocare con i propri figli, non provoca certo stupore.
E la domanda iniziale su Simenon? E’ indiscutibile infatti che nei suoi scritti le ferrovie abbiano sempre una connotazione negativa, ma capire cosa effettivamente pensasse Simenon è più complesso.
Per quanto riguarda il modellismo sembra trasparire una indifferenza di fondo: si tratta di una delle tante attività umane che non gli interessano, ma che fondalmentalmente non condanna.
La connotazione negativa dei viaggi in treno risente probabilmente del suo trasferimento dal Belgio a Parigi che, malgrado il successo letterario raggiunto in Francia, ha lasciato su di lui un segno indelebile: i riferimenti alla Gare du Nord di Parigi -la stazione dove arrivò ventenne- sono frequenti nei suoi scritti e connotati spesso da una nota malinconica. La gare du Nord è nei racconti di Simenon un luogo dove molte persone arrivano fiduciose a Parigi, ma solo per poche di esse le speranze si avverano; oppure diventa la porta attraverso la quale molte altre cercano di fuggire.
Inoltre il treno è per Maigret un mezzo che lo allontana da Parigi, città dove si trova perfettamente a suo agio e dove rientra appena possibile, ed è anche il mezzo che lo porta verso inchieste spesso delicate e situazioni umane spesso spiacevoli, per non dire tragiche. Il viaggio riflette quindi questo disagio del commissario e contemporaneamente prepara l’atmosfera della storia, cosa alla quale contribuiscono tantissimi altri elementi, come ad esempio le condizioni meteorologiche, che Simenon sembra decisamente in grado di comandare a proprio vantaggio.
Una curiosità: nella serie televisiva degli anni ’60 del secolo scorso, nella quale Gino Cervi interpretava la parte di Maigret, venne rappresentato anche “Non si uccidono i poveri diavoli”. Il modello ferroviario che Cervi-Maigret e i suoi ispettori scoprono è un plastico Märklin, montato su un tavolone steso a terra e con qualche elemento paesaggistico. Cervi-Maigret, restato solo in quella casa, ne approfitta per chinarsi sul plastico e far correre per un po’ i modelli con molto divertimento.
La scelta non è fedele al testo, ma sicuramente ha maggior effetto di quanto ne avrebbe avuto mostrare un modello grande, ma statico: un oggetto in movimento attira molto di più.
Bibliografia
- Tout Maigret, vol. X, pag. 699. Edizioni Omnibus. (traduzione mia)
- Tutte le citazioni da “Gli scrupoli di Maigret”, Arnoldo Mondadori Editore.
- Sfida a Poirot, pag. 84. Arnoldo Mondadori Editore.