Storia del modellismo ferroviario nella letteratura

Storia del modellismo ferroviario nella letteratura

Mi riesce difficile dire se il modellismo ferroviario sia molto presente nella letteratura perché non conosco nessuno che abbia studiato questo fenomeno.
Penso comunque sia sempre una sorpresa trovare pagine di un romanzo o di un racconto che parlano di modelli ferroviari, soprattutto se parlano di un periodo in cui il modellismo ferroviario era appena agli inizi. Vorrei quindi presentare una breve serie di articoli nei quali illustrare questi brani (quelli che finora ho trovato) e cercare di analizzare qual è il significato dei modelli all’interno del racconto e quale poteva essere, nel periodo in cui il romanzo o il racconto veniva scritto, il ruolo del modellismo ferroviario all’interno della società.

Il primo brano presentato si trova in un romanzo di Alexander Lernet-Holenia, scrittore austriaco attivo dalla prima metà del ‘900 fino agli anni ’60, che nei suoi romanzi parla spesso dell’Austria del primo dopoguerra, inserendo frequenti riferimenti al periodo precedente la I Guerra Mondiale e soprattutto episodi della guerra stessa. Non fa parte di quel filone letterario che parla dell’Impero Asburgico come di un mondo ideale, anche se lo guarda con una certa nostalgia, ma piuttosto racconta la confusione, l’estrema dinamicità, la difficoltà di rapportarsi con i nuovi tempi che sicuramente colpì molti cittadini austriaci.
Il romanzo si intitola “Lo Stendardo” (“Die Standarte” in originale, pubblicato nel 1934) e, proprio all’inizio, si trovano queste frasi:

 

(…) Guardai a terra e mi accorsi che stavo davvero in mezzo a una quantità di quegli oggetti con i quali si trastullano i bambini: un trenino, dei binari, degli omini, ponti e stazioni.
“Che ci fa qui questa roba?” domandai. “E chi è il piccolo Milan?”.
“Il bambino dei nostri padroni di casa” rispose. “Purtroppo il signor alfiere lo avrà svegliato – anche se deve essere stanco morto, perché non voleva saperne di andare a dormire. Dopo cena mi ha obbligato a giocare ancora un po’ con il suo trenino e non voleva più saperne di smettere perché aveva preso molta confidenza con me.
(…)
“Ma perché avete lasciato in giro i giocattoli?”.
“Per continuare a giocare domani”.

La scena si svolge tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre nel 1918 a Belgrado, città ancora occupata dall’esercito austriaco, ma sotto la continua minaccia dell’arrivo delle truppe inglesi. La situazione è caotica, con la città continuamente attraversata dalle truppe in ritirata dal fronte orientale, con molti reggimenti che si dissolvono all’improvviso per l’ammutinamento dei militari di nazionalità non tedesca che intuiscono l’imminente disfatta e vogliono tornare a casa, dove si stanno facendo sempre più forti le spinte centrifughe dell’Impero.
In questa città sospesa come in un’atmosfera irreale, l’Alfiere Menis -protagonista del romanzo- torna al suo alloggio, dopo aver ricevuto un trasferimento punitivo per aver disubbidito al regolamento cercando di inseguire la donna di cui si è innamorato. Entrato nell’appartamento inciampa al buio in oggetti sparsi a terra: i giocattoli del figlio dei padroni di casa.
Al momento questo è il brano letterario più lontano nel tempo che abbia trovato in cui si parla di modellismo ferroviario.

La realizzazione di modelli che riproducono i mezzi ferroviari -locomotive e vagoni soprattutto, poi anche gli edifici- inizia attorno alla metà del XIX secolo ad opera di artigiani che realizzano modelli generalmente in ottone, funzionanti a vapore, per clienti facoltosi e il loro scopo è quello di essere dei giocattoli. In breve si aggiungono anche modelli in metallo bianco e verso la fine del secolo modelli in legno da trainare con una corda. La nascita del modellismo ferroviario avviene in Gran Bretagna, come era stato per le ferrovie reali, e il suo successo è molto rapido. La costruzione si differenzia rapidamente tra modelli a vapore vivo (dove indubbiamente partecipavano e si divertivano anche gli adulti), ad orologeria -con una molla che fornisce il moto-, oppure semplicemente trainati da una corda. I prezzi di queste categorie di modelli sono diversi perché si rivolgono a persone con diverse disponibilità economiche. I produttori si concentrarono inizialmente in Gran Bretagna, Francia e Germania e i nomi più famosi erano Märklin e Bing. Ad essi se ne aggiunsero molti altri a cavallo del ‘900, come Lionel (USA) e Meccano (Gran Bretagna, che cambierà nome in Hornby).
Bisogna necessariamente citare il modello a trazione elettrica realizzato dall’inventore americano Thomas Davenport nel 1837, ma difficilmente esso può essere considerato modellismo ferroviario in quanto lo scopo non era realizzare un oggetto in miniatura, ma dimostrare le potenzialità della trazione elettrica. Queste riproduzioni a scopo dimostrativo erano abbastanza frequenti, in quanto erano un modo all’epoca funzionale per dimostrare i principi scientifici e tecnologici e per “portare a casa” annotazioni sulle novità viste in altri paesi. La prima testimonianza è del 1813, quando un certo von Gerstner -di Praga- utilizzò modelli ferroviari a scopo dimostrativi.

Il primo cambiamento fondamentale nel modellismo ferroviario si ha nel 1891 ad opera della Märklin (fondata nel 1859) che inizia la realizzazione dei modelli con metodi di produzione industriali, proponendo al contempo un primo standard per le scale di riproduzione. A cavallo del ‘900 viene introdotta anche la trazione elettrica, utilizzando le rotaie come conduttori, dando forma a quello che oggi è il modellismo ferroviario.
Nel 1918, anno in cui si ambienta il romanzo, il modellismo è ormai diventato comune: non c’è stupore nell’alfiere nel riconoscere che gli oggetti nei quali è inciampato sono modelli ferroviari, nè che questi si trovino in una casa dell’alta borghesia a Belgrado in tempo di guerra.
All’interno del romanzo questo episodio serve per distrarre Manes dalla concitazione dei suoi pensieri e per introdurre una nota intima e casalinga in una sequenza di eventi che finora era stata troppo tesa, un ritorno ad una realtà concreta (la casa, un bambino, il gioco) dopo il mondo esterno che assume sempre più contorni surreali, ma anche uno specchio della confusione che aveva colto il protagonista (il treno non è stato rimesso in ordine), forse un contrasto tra la continuità del gioco e il brusco e tumultuoso cambiamento che da quel momento subirà la sua vita.
In questa atmosfera il treno è una presenza quotidiana, un gioco che appassiona il bambino: per il mondo borghese dell’epoca è normale che tra i giochi dei bambini ci sia il treno. Probabilmente si tratta di modelli in metallo in quella che oggi sarebbe grosso modo la scala O (il cui rapporto rispetto al reale è 1:45), verosimilmente già mossi dalla corrente elettrica, con un trasformatore (stando ai cataloghi delle ditte dell’epoca) che aveva una tensione in uscita abbastanza elevata, rispetto ai valori attuali, ma bisogna pensare che avesse un amperaggio sufficientemente basso per rendere il gioco non pericoloso. Leggendo la breve descrizione sembra di vedere un catalogo Märklin dell’epoca, oppure un catalogo Bing (la guerra aveva interrotto le importazioni americane e inglesi, quindi è verosimile che i modelli siano di produzione tedesca), le cui illustrazioni mostravano proprio un treno su di un semplice ovale di binari composti da spezzoni da montare, con un assortimento di edifici e personaggi, il tutto realizzato cercando di ottenere una certa verosimiglianza, non sicuramente una riproduzione fedele come i modelli attuali.
E’ proprio questo che per Lernet-Holenia e per i suoi lettori è il treno modello: un giocattolo per i figli di famiglie di livello sociale medio-alto, un oggetto che ormai fa parte della vita di tutti i giorni e che è normale regalare ai bambini. Un oggetto già diffuso in tutto il mondo.

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