Mark Twain… cannibalismo in treno

…nel tender c’era una buona provvista di legna: questa era la nostra unica consolazione… Per tutta la giornata ci aggirammo scoraggiati per i vagoni, parlando poco, pensando molto…” (da “Cannibalismo in treno” di Mark Twain).
Se vi dico “Le avventure di Tom Sawyer” ritornate a Mark Twain?
Proprio lui, autore di uno dei più letti e cartonati romanzi di avventure per ragazzi. Viaggiai sul battello di Twain, ma andai a cercare altrove, tra i suoi racconti umoristici: da qualche parte sapevo si parlava di treni. Sono gli anni della guerra civile americana, l’800 e Samuel, in arte Mark, si arruola con i sudisti contro Lincoln, fino al giorno in cui scopre la tragedia di una condizione schiavista, celata da false ideologie patriottiche e parte, vagabondo pensatore, tra l’America e l’Europa; è il periodo in cui affaristi e pionieri, venuti dal Vecchio Continente, scorticano le foreste, per la costruzione di linee ferroviarie, in quello che sarà il West americano.
Twain è pilota di battello a vapore, ma sono gli anni in cui compare il treno, a vapore, incubo degli indiani per quel suo intossicare gli animi con il fumo nero e puzzolente, a cui rispondono con ferocia e lotte crudeli.
Sulle rotaie corrono le illusioni, il  commercio e il sogno economico della Union Pacific Railroad; è l’anno 1868 circa e il fumo di zolfo delle caldaie acceca la vita libera delle ignare tribù indiane:  “Cavallo di Ferro”, graffia le praterie del Nord d’ America, possente come un carrarmato e dotato di un para-bisonti da brivido.
Twain viaggia molto in treno e lo immagino, con il taccuino nero, tracciare i suoi famosi racconti umoristici, in un’epoca che lancia le basi del miraggio americano. Gli incontri sono scorci di uomini potenti o poveri cristi, che nel e del viaggio, fanno la mappa del loro destino. Tra burloni e burlati dalla penna dello scrittore, incrociamo la metafora di una umanità spesso ridicola, proprio dove non ci sarebbe nulla da ridere. Mark scrive per la gente comune e nelle sue caricature, vuole parlare della corruzione, della chiusura mentale dei personaggi che animano il suo spirito giornalistico e sono lo spunto per raccontare la sua visione della società, il pensiero, spesso utopistico, alimentato da momenti di solitudine e depressione, ad altri di ironia quasi grottesca. La fantasia, articolata tra numerose esperienze e incontri,  corre sbuffante e sferragliante come le locomotive della Railroad “…Ma, ahimè, questa volta non potevamo restare dentro il vagone. Così seguitammo a volteggiare dentro e fuori a ritmo di valzer…” (da “Storia dell’invalido” di Mark Twain). Valzer, tra cowboy e damerini inglesi!
Si aggira pungente, a volte cinico, altre commosso, tra le bombette di illustri londinesi e i copricapo di penne di falco e d’aquila dei Sioux, con la disinvoltura del puledro selvaggio che rincorre il desiderio di capire se ha capito a che serve essere imbrigliato. Affascinato e,  lo spero, amico della mitica Calamity Jane! Perché no? Ormai la storia è scritta e la rude Calamity ha sicuramente preso  al lazo, con lazzo, anche il pioniere Twain, il quale, non attratto dall’oro, ma dalla letteratura, vive tra essi, tra indiani, cavalli e  praterie, dove gli indigeni cercano la ragione di vedersi dividere gli spazi liberi delle mandrie di bisonti, a fronte di un demone corazzato che sbuffa con prepotenza. E William Cody, in arte Buffalo Bill? Leggendario cacciatore di bisonti, si dice assunto dalle ferrovie tra il 1868/72, per affiancare la strage che i treni fanno di questi maestosi animali, i quali non indietreggiano di fronte all’ululato delle locomotive corazzate e si lanciano contro esse come fossero maschi di altrettante mandrie da fronteggiare, spesso provocando deragliamenti spettacolari! Lo so perché ero lì! A fianco di Quanah Parker, capo Comanche, con il quale, nei miei voli adolescenziali,  ho creare una buona convivenza tra bianchi e pellerossa!
Storicamente però, quando Twain scrive “Cannibalismo in treno”, è l’anno 1853 e viaggia su un diretto per Chicago, ancora lontano da quanto vi ho raccontato fin d’ora! “…dalla diminuita velocità del treno, capivamo che la locomotiva si apriva un varco con sempre crescente difficoltà… si arrestava in mezzo ai grandi cumuli di neve che, simili a colossali sepolcri, si levavano lungo i binari…” (Mark Twain).
Nella suggestiva avventura, in una notte di tormenta, battuta dalla neve si rompe la biella della locomotiva e l’impotenza del macchinista diventa la tragica realtà di uno sparuto gruppetto di silenziosi… affamati! “…Signori non si può differire oltre. Il tempo stringe! Occorre decidere chi di noi dovrà morire per fornire cibo agli altri…” (Mark Twain).
Qui la faccenda si fa horror e dalla mia galoppante fantasia richiamo in scena Calamity Jane, in groppa al suo Satan, la quale, temuta e rispettata dai Sioux  perché considerata pazza, può portare soccorso agli ignari cannibali in carrozza! Chi sarà mangiato e da chi? In un crescente assurdo confronto di motivazioni plausibili, il racconto si fa intrigante e tra le righe si comincia a percepire l’inganno, il doppio senso e il paradosso di un incubo che solo alla fine ne svela la realtà, comunque comica e tragica allo stesso tempo. Tutto ai margini di una elevata invasione di costume e di rivoluzione economica, per un Paese che sta’ nascendo a fatica, non sempre animato da uomini integri nella moralità.
L’America di Lincoln, non a caso Abramo, che con la voglia di libertà fonda le radici nella liberazione degli schiavi al Sud e porta, nel 1861, alla Guerra di Secessione, ma cancella l’anima indiana, senza capire che questa drammatica epopea rende cannibali i bianchi. Cannibali di culture affascinanti, invasori di territori su cui costruire la ferrovia, le stazioni, togliendo agli Araphao, ai Sioux, ai Crow… la loro terra “di caccia e di libertà”.
La compagnia ferroviaria della Overland Stage, con fatica e perdite considerevoli, cerca di organizzare i collegamenti tra le nascenti cittadine del West, pagando cara la rivoluzione economica di una America del Nord che vuole crescere, al prezzo delle vittime cadute durante i cruenti scontri tra i  bianchi e le tribù indiane. Anche i delicati trattati di pace, non modificano le sofferenze, soprattutto per tribù, fino ad allora pacifiche come gli Cheyenne, costretti a migrare sempre più a nord, alleandosi con i Sioux, contro il “nemico ferrato”. I lavori per le ferrovie sono continuamente interrotti e sabotati dai “gruppi di guerra”, cosicché il cantiere di costruzione di “Cavallo di Ferro”, si muove lento tra sangue e perdite. Storia di treni e pagine di letteratura, anche umoristica, che riescono a darci il profilo di un pensiero disordinato, dove muore la libertà degli indiani e si affaccia, sulle forre aurifere, la cupidigia dei coloni. Storia di un Sud agricolo che, malgrado la forza strategica del Corpo dei Rangers, non regge la grande ascesa industriale del Nord, con i suoi treni blindati, tutti assolutamente a vapore!
…Provai sollievo…avevo ascoltato l’innocuo farneticare di un pazzo…” Scusa Twain, ti riferisci a me?

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